La donazione di organi dopo accertamento di morte secondo criteri circolatori. Sfide etiche e cliniche per gli infermieri dell'Area Critica
Accettato: 6 novembre 2021
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Autori
Nel 2020 l'attività di donazione e trapianto in Italia ha subito un rallentamento. In parte perchè i luoghi normalmente deputati alle donazioni, le terapie intensive, sono stati destinati quasi interamente all'assistenza di pazienti con la COVID-19 di grado severo. La percentuale di opposizione alla donazione espressa in vita si è inoltre assestata al di sopra del 30% su scala nazionale. Le liste di attesa all'11 aprile 2021 (Giornata Nazionale per la donazione di organi e tessuti) contavano 8291 pazienti che aspettavano uno o più organi, con tutto ciò che ne consegue: dalle risorse da impiegare per i trattamenti sostitutivi all'impatto sulla qualità di vita. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che i trapianti di organi effettuati ogni anno soddisfano il 10% del fabbisogno globale identificato. Sempre secondo l'OMS, il trapianto da paziente deceduto rimane il golden standard terapeutico per l'insufficienza d'organo. L'implementazione o l'avvio di programmi di donazione dopo accertamento di morte secondo standard circolatorio (DCDD), in particolare sui cosiddetti donatori controllati nelle terapie intensive, consentirebbe di incrementare nel mondo il prelevamento di organi da cadavere. La DCDD, cui le risorse da destinarsi secondo il Centro Nazionale Trapianti, non sono superiori a quelle previste per la donazione dopo morte encefalica, è attualmente presente in Italia in 7 Regioni. Per implementare questa attività di prelevamento e ottenere quindi obiettivi importanti per la salute individuale e collettiva, la strada da percorrere si compone anche di: campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica che favoriscano un'espressione di volontà autonoma e informata alla donazione, formazione continua del personale di area critica e diffusione di protocolli sul fine vita.
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